Enzo Parisi
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OMAGGIO
A ENZO PARISI
Mostra
di un artista anconetano del ‘900
29
Aprile – 14
Maggio 2023
Inaugurazione
mostra: Sabato
29
Aprile
2023
ore
17.15:
presso
Showroom
dell’arch. Vittoria Ribighini
Presentazione
di Michele Servadio – Letture
di Rita Stecconi
ore 18.00: presso Galleria Papini
ore 18.00: presso Galleria Papini
Orario
mostra:
dal
giovedì
alla domenica 17.30
– 19.30
Dopo un periodo di
interruzione dovuto alla pandemia, la Galleria Papini riprende
l’iniziativa annuale “ARTISTI ANCONETANI DEL ‘900” ed è
lieta di omaggiare l’artista ENZO PARISI.
Nato
ad Avola (Siracusa) nel 1938 e deceduto ad Ancona nel 2016, Enzo
Parisi è stato validissimo pittore, docente di storia dell’arte
presso il Liceo Scientifico “Luigi di Savoia” di Ancona, socio
effettivo dell’Accademia Marchigiana di Scienze, Lettere ed Arti,
membro del Direttivo dell’Istituto Marchigiano Jacqués Maritain,
direttore artistico della Galleria Puccini di Ancona, Ha fatto parte
del Consiglio Scientifico dell’Istituto Europeo di Cultura
Germanica, del Comitato organizzativo del Premio Marche.
Ha
tenuto più di trenta personali di pittura sul territorio nazionale e
all’estero. Ha scritto un libro di poesie che si integrano con le
sue raffigurazioni pittoriche.
La
mostra si svolge presso i locali della Galleria Papini e presenta
opere che testimoniano i diversi periodi dell’artista.
La Presidente - Anna Maria Alessandrini
Omaggio
a Enzo Parisi
Anamorfosi
e Metamorfosi
L’anamorfosi
è un concetto artistico mutuato dall’ottica che designa quella
particolare tecnica pittorica, diffusasi in particolare nel corso del
Seicento fra i pittori del Barocco, in cui l’artista deforma e
dilata l’altezza, la larghezza e la profondità delle proprie
immagini, generando illusioni ottiche capaci di confondere lo
spettatore e superare le rigide regole imposte dalla Tradizione. Solo
ponendosi in un corretto punto di osservazione o attraverso il giusto
strumento di lettura, lo spettatore può risolvere l’enigma
prospettico, superare l’illusione e comprendere finalmente
l’immagine. L’anamorfosi fu il vero simbolo dell’estetica
seicentesca, basata sulla ricerca dello stupore, del contrasto e
dell’ossimoro, così da lasciare l’osservatore meravigliato e
spaesato davanti a quelle immagini così misteriose e di difficile
comprensione. Molti artisti, fra cui Hans Holbein e Erhard Schön, ne
fecero il simbolo della propria poetica pittorica, anche grazie al
celebre trattato La Perspective curieuse, magie artificielle des
effets merveilleux de l’optique par la vision directe, scritto
nel 1638 dal matematico e monaco francese François Niceron.
La
dimensione artistica di Enzo Parisi è, in questo senso, anamorfica.
La sua pittura, la sua arte e la sua poesia, rappresentano dei grandi
giochi illusionistici dove non è facile cogliere i tanti richiami
culturali, le profonde citazioni e i simboli riconducibili ai grandi
maestri del passato. Nato nel 1938 nella siciliana cittadina di Avola
ma trapiantato ad Ancona sin dal 1967, egli ricoprì per quasi tutta
la sua vita professionale il ruolo di insegnante d’arte e di
disegno presso il liceo scientifico “Luigi di Savoia”. Accanto
all’insegnamento, egli coltivò un’intensa attività artistica
declinatasi in numerose mostre e progetti di successo, che gli
consentirono di ottenere incarichi e nomine di prestigio; fu un vero
punto di riferimento per la vita culturale di Ancona fino alla sua
morte, avvenuta il 30 agosto 2016.
Le
opere pittoriche di Enzo Parisi presentate in occasione di questa
mostra rappresentano simbolicamente il suo percorso di crescita
spirituale che, da un’iniziale condizione di anamorfosi, giunge
dopo una lunga fase meditativa alla sua risolutiva metamorfosi. Nelle
opere esposte, quasi tutte risalenti agli anni Settanta e dunque
appartenenti al suo grande periodo figurativo, sono raffigurati
personaggi deformati, rappresentati con forme allungate, simbolo di
un presente che si allunga quasi all’infinito nella sua sinistra
stasi. Le sue donne dai vestiti colorati sono colte nella loro
plastica immobilità ossimorica, quasi onirica; i loro occhi, tristi
ma espressivi, sono gli occhi della consapevolezza con cui vivono il
loro presente amaro, quasi sospeso. La sua pittura è anamorfica,
drammatica, ma allo stesso tempo anche elegante, colta e tecnica,
simbolo di una profonda conoscenza della storia dell’arte; prova ne
sono le numerose citazioni più o meno esplicite presenti nei suoi
dipinti e nei suoi disegni, nascoste forse un po' giocosamente sin
nei più minimi dettagli.
Se
è vero che per risolvere l’anamorfosi occorre vedere l’immagine
dal “giusto” punto di vista, dobbiamo posizionarci in modo tale
da osservare le opere di Enzo Parisi con la giusta lente, unico
strumento capace di risolvere l’enigma prospettico. Questa lente è
la consapevolezza dell’esistenza. La sua è infatti un’arte
drammatica ed esistenzialista che «grida il suo furore ma anche il
suo dolore»; le sue prospettive angolari, tecniche e raffinate, ci
raccontano di un uomo colto, schivo e ironico, a volte scontroso ma
sempre autentico e coerente. Ogni sua pennellata, drammatica e a
tratti lirica, è un grido di dolore rivolto ad un «mondo che non
c’è»; più guardiamo le sue figure e più ci rendiamo conto che
esse vivono in un presente sospeso e dilatato, in un tempo che non
c’è o che forse c’è ma vive nel profondo della sua interiorità,
dove convivono e coesistono le sue paure, le sue angosce e le sue
speranze. In questo mondo così intimo ed in lento disfacimento
vivono i suoi personaggi, emanazioni del suo spirito, seduti
placidamente sopra una panchina o misteriosi nei loro occhiali scuri,
sdraiati disperatamente su una spiaggia, feriti e bendati dopo un
grave fatto di cronaca o ancora vestiti di nobili e pregiate vesti
cardinalizie, tutti indistintamente logorati e consunti dal peso
dell’esistenza; è il presente che li deforma, li scava, li cambia.
Colta questa consapevolezza, meditata a lungo dall’artista,
l’anamorfosi in Parisi si risolve, divenendo metamorfosi,
cambiamento di uno spirito giunto ormai alla consapevolezza di sé
stesso, al punto da guardare lo spettatore direttamente negli occhi,
senza paura o timidezza, attraverso lo sguardo dei suoi personaggi. È
in quel momento che il suo pennello diventa un liuto, strumento con
il quale egli suona «un’armonia ad un mondo che ormai non c’è»,
ovvero quello della sua interiorità e della sua origine, che assume
simbolicamente le forme di una Sicilia inconscia dove vivono i suoi
ricordi d’infanzia, con le sue speranze ed i suoi sogni ormai
perduti. Questa consapevolezza, figlia di una lunga meditazione,
conduce dunque lo spirito dell’artista verso la sua definitiva
metamorfosi, verso un Oltre rappresentato dalla celebre iconografia
della siepe leopardiana, oltre la quale vorrebbe ergersi poiché
forse non abbastanza compreso e studiato dai suoi contemporanei,
motivo per cui migrare verso le forme astratte, lontane da quel
presente così opprimente. La profondità che lo ha sempre
contraddistinto, quel «Kaos» che ha sempre animato il suo spirito
inquieto, gli consente di vedere con consapevolezza anche la morte,
rappresentata nella sua corporeità come un ammasso caotico di nudi e
scheletri. Osservandola in controluce, Parisi la svuota però di ogni
paura per renderla nient’altro che una «pantomima farsesca della
vita» e, proprio per questo, nulla di più se non l’occasione per
intonare, seduto vicino ad un fuoco che arde sotto la luna, notturni
canti fra gli ulivi ed il mare.
Michele
Servadio