Mutamenti
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MUTAMENTI
Mostra
Fotografica
dei soci
Aquilanti
Elisabetta, Breschi Silvia, Centanni Rosella, Giantomassi Sergio,
Loccioni Luciano, Marini Sauro, Moglie Aldo, Piercecchi
Sang-Hee, Pisani Edoardo, Torcoletti Tiziana, Valeri Valerio
15
Febbraio
– 02
Marzo
2025
Inaugurazione:
Sabato
15
Febbraio
ore 18.00
Orario
mostra:
dal
giovedì
alla
domenica
17.30-19.30
Presentazione di Marco Tarsetti
Il
mutamento è connaturato all’esistenza, anzi persino precedente
alla vita, consustanziale alla materia stessa.
«Nulla
si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma»: così recita la
celebre sintesi della legge di conservazione della massa formulata
dallo scienziato Lavoisier.
Non siamo a lezione di fisica, né desidero sciorinare la mia cultura
generale: piuttosto un assunto del genere ci fa riflettere su come la
trasformazione sia davvero connaturata alla vita e alla materia, una
forza molto più ancestrale e basilare della vita stessa.
I
mutamenti sono dunque un aspetto intrinseco della vita e
dell’esistenza, biologica e inorganica.
La
fotografia, vuoi per la sua vocazione all’istantaneità, che la
rende capace di catturare il momento, anche più fugace, vuoi per la
sua proverbiale propensione all’obiettività, che la rende
testimonianza veridica dei fatti che immortala, è sicuramente il
medium prediletto per raccontare i mutamenti.
Con
un “clic” la fotografia può immortalare l’istante che abbiamo
di fronte, ciò che accade, ciò che vediamo durante la vita, così
non appena qualcosa cambia, attraverso i nostri scatti abbiamo una
traccia visibile di come erano le cose in quell’istante. Con la sua
esistenza, la fotografia ci offre quindi una testimonianza di come
era ciò che vediamo dentro l’inquadratura al momento dello scatto,
prima dei mutamenti, prima dello scorrere del tempo, fornendo come un
certificato, la garanzia che quelle cose sono state così e che
quindi certi mutamenti sono avvenuti.
Ovviamente
tutto ciò risponde più ad una aspirazione (forse addirittura ad una
illusione) che alla realtà.
La
fotografia non è sempre stata istantanea: lo è diventata nel corso
della sua storia, fatta di continue innovazioni tecniche e
tecnologiche, ma ai suoi albori aveva tempi di posa più vicini a
quelli della pittura. Messa in posa significa la possibilità di
costruire l’immagine, di plasmarla, ed è qualcosa che si fa ancora
oggi ed è altrettanto connaturato alla fotografia, che dietro la sua
patina di obiettività cela sempre la possibilità della
falsificazione. Proprio qui credo si giochi un aspetto importante del
rapporto tra la fotografia e i mutamenti: nella possibilità
consustanziale di testimoniare la realtà e al contempo costruirne
una messa in scena, la fotografia è comunque in entrambi i casi il
mezzo perfetto per raccontare i mutamenti di sé stessa e attraverso
di sé le trasformazioni del mondo che la circonda. E ciò si lega
potentemente al suo valore di testimonianza.
La
fotografia non è sempre testimonianza: come già evidenziato essa
può mentire ma sia di fronte alla presa diretta del reale che
davanti alla costruzione dell’immagine, una foto ci racconta pur
sempre i mutamenti sociali e culturali del suo contesto.
La
fotografia è insomma un termometro: non solo delle trasformazioni
operate dal tempo, che scorre sulle situazioni che essa cattura
(volti che invecchiano, paesaggi che cambiano…), dei mutamenti
esteriori, visibili, di ciò che sta davanti all’obiettivo, ma
anche delle trasformazioni sociali e culturali che si trovano dietro
l’obiettivo. Persino la stessa natura “tecnica” della
fotografia ci testimonia i mutamenti della tecnologia ma soprattutto
della società che in essa si rispecchia.
Numerosi
sono i mutamenti raccontati nella ricca e variegata esposizione
collettiva dei fotografi e fotografe soci della Galleria Papini: i
mutamenti del corpo che invecchia e delle apparenze trasformate dal
tempo; i mutamenti della vita che avanza; i mutamenti della società
che passa davanti all’obiettivo e dei luoghi che si trasformano con
il tempo; i mutamenti della natura e del rapporto che abbiamo con
essa; anche i mutamenti della materia, da cui siamo partiti.
Concludiamo
dunque questo ragionamento, guardando le fotografie esposte e godendo
di quella sospensione del tempo che ci consente di vedere, ricordare
e raccontare questi mutamenti di cui, pur essendone artefici e
testimoni, spesso non ci rendiamo conto.
Questa
è la magia della fotografia.