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Sono la terra sono il cielo

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Sono la terra sono il cielo
Mostra di ANNA MARIA ALESSANDRINI, PATRIZIA CALOVINI,
TIZIANA TORCOLETTI

 
 18 Ottobre03 Novembre 2024
 Inaugurazione mostra: Venerdì 18 Ottobre 2024 ore 18.00
Orario mostra: dal giovedì alla domenica 17.30-19.30  

 
Testo critico e presentazione di Michele Servadio

Nel 1971 la grande storica dell’arte statunitense Linda Nochlin pubblicava sulla rivista ART News uno dei saggi più dirompenti e rivoluzionari degli anni Settanta, intitolato Why have there been no great women artists?, ovvero “Perché non ci sono state grandi artiste”?
La domanda posta dalla studiosa americana era sì fortemente provocatoria ma anche estremamente innovativa, e rappresenta ancora oggi una vera pietra miliare negli studi di genere. Linda Nochlin riuscì infatti in questo modo a tracciare nuovi e inediti percorsi di ricerca che condussero non solo alla riscoperta di tante artiste fino a quel momento dimenticate, ma anche a una nuova e finalmente contemporanea rilettura del contesto socio-artistico del passato.  
A distanza di oltre cinquant’anni dalla pubblicazione di quel celebre saggio, le cose sono cambiate ma molte difficoltà continuano a caratterizzare la vita di molte (troppe) donne di oggi. Proprio in questo senso va inquadrato il nuovo progetto che Anna Maria Alessandrini, Tiziana Torcoletti e Patrizia Calovini hanno scelto di realizzare nel corso di questa mostra. L’obiettivo è chiaro, nobile e ambizioso: riflettere, attraverso il linguaggio artistico e l’uso dell’immagine, sul ruolo della donna contemporanea e sulle difficoltà quotidiane che incontra nel proprio percorso di affermazione all’interno della società. Partendo da un celebre verso della canzone Mariposa di Fiorella Mannoia, le tre artiste hanno sviluppato un percorso di ricerca che vive sul delicato confine fra identificazione e rappresentazione simbolica, generando in questo modo un linguaggio apparentemente diverso ma in realtà complementare e unitario.  
Patrizia Calovini si affida a una figurazione colta e armonica, dove la sua padronanza tecnica ci permette di cogliere la sua personale visione della donna contemporanea, le cui sembianze sono talmente maestose da assumere tratti quasi mitologici. Le sue figure femminili, eleganti nelle loro armoniose volumetrie, si fanno simboli viventi dei soprusi e delle ingiustizie che sono costrette a subire ogni giorno; una macchia di colore su una guancia, lesioni e cicatrici sul volto, un trittico in cui l’immagine di un viso femminile inizia lentamente a svanire e cancellarsi, divengono il mezzo più efficace ma anche più naturale con il quale la pittrice ci induce a riflettere sulla brutalità e sulla violenza di cui spesso è oggetto la donna nella nostra società, una violenza sia fisica che psicologica che spesso non ha altro fine se non quello di ledere e cancellare l’essenza stessa del femminile. Ciononostante, le donne di Patrizia Calovini resistono, soffrono ma sopravvivono, e questa capacità di superare ogni possibile difficoltà viene espressa attraverso gli occhi, intensi e drammatici, nei quali si può cogliere la consapevolezza di una sofferenza troppo spesso soffocata.  
Anche Anna Maria Alessandrini utilizza un proprio personale registro espressivo che fa ampio uso della simbologia e della metafora; attraverso i tre simboli della rosa, della piuma e della farfalla, l’artista pone al centro del suo lavoro la celebrazione del desiderio di libertà della donna contemporanea. L’eleganza della composizione e la dolcezza cromatica che si percepisce nitidamente all’interno dei suoi lavori, dove la maestria tecnica non è seconda all’armonia dell’insieme, non deve però trarre in inganno; il suo è infatti un linguaggio forte e fiero, addirittura politico, e non è un caso che la parola “leggerezza” venga scritta personalmente dall’artista sulla tela, segno tangibile di una forza di volontà che diventa presto rivendicazione di un diritto, ovvero quello della donna di poter essere “leggera” e librarsi nell’aria, proprio come una piuma o una farfalla che, spinta dalla voglia di vivere, è riuscita a lacerare il suo bozzolo per (ri)sorgere a nuova vita.
Le opere di Tiziana Torcoletti sono solo apparentemente in antitesi a questa affermazione di libertà; i suoi scatti concettuali, colti e riflessivi, ci mostrano infatti una donna che nonostante i passi in avanti nel processo di emancipazione è ancora oppressa dalla società contemporanea, schiacciata quotidianamente da macigni che assumono ora una connotazione politica, ora una connotazione sociale. Alla farfalla pronta a spiccare il volo fa da contraltare una donna vestita solamente di un velo che, se da una parte mostra ciò che vive al di là del tessuto, dall’altra copre non solo la nudità e la bellezza del corpo femminile ma anche la sua anima, simbolo inequivocabile di quella distanza, ancora tutta da colmare, fra una libertà autentica e una libertà promessa. Oltre all’eleganza dei suoi scatti, ciò che colpisce delle sue opere è la scelta di rappresentare un vero e proprio processo di trasformazione femminile, e questo è possibile grazie ad una sequenza in cui la donna si rende via via sempre più visibile e manifesta, ma non per questo più comprensibile; ogni scatto rappresenta un passaggio, un passo in più verso quel progressivo processo di emancipazione che può essere raggiunto dalla donna solamente dopo una profonda comprensione di sé stessa e della propria interiorità.
Tutte le opere delle tre artiste esposte nel corso di questa mostra sono sì diverse ma accomunate dall’eleganza compositiva e dalla volontà di farsi portatrici di un messaggio che non può (e non deve più) essere ignorato. Attraverso il sapiente uso della simbologia, esse riescono a superare il simbolo per divenire monito; alcuni osservatori saranno indotti a riflettere, altri ad interrogarsi, altri ancora forse a cambiare. E questo accade solamente quando le opere hanno in sé un elemento raro, il valore.
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